“La Madonna con il Bambino”
Opera attribuita a Francesco Vecellio, fratello di Tiziano. Studio a cura di Elia D’Incà
Elia D’Incà nella sua tesi “Per il catalogo di Francesco Vecellio” ha dedicato ampio spazio allo studio della Madonna con Bambino della nostra arcipretale e particolarmente alla discussione sul suo autore. Di quest’opera giustamente andiamo fieri. Grazie a Elia possiamo ora ampliare le nostre conoscenze e la storia della nostra chiesa.
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RAFFIGURAZIONI DELL’OPERA
La Madonna in trono, nella chiesa arcipretale di santa Maria Annunziata, venerata oggi dai fedeli come Madonna della salute, è un’opera di grande apprezzamento e considerazione, e la supposta paternità tizianesca ne è la prova lampante.
Non si può non rimanere affascinati dalla dolcissima espressione trasognante della Vergine assorta in lettura. Pregevoli sono anche i putti musicanti, soprattutto quello col liuto, che sembra distratto nel suo suonare da qualcosa sulla sinistra. Il Bimbo Gesù invece, è poco espressivo, molto simile a quello della pala di Santa Croce a Berlino, con il quale condivide anche la capigliatura a capello corto e stempiato. Anche i putti reggi corona sono alquanto stilizzati rispetto a prove successive. Il tutto è comunque immerso in un bellissimo cielo che sfuma nebuloso all’orizzonte
A prescindere dall’elevato valore intrinseco dell’opera, va sottolineata l’influenza determinante che essa esercitò per lungo tempo sulla pittura locale, ed in particolare su Giovanni da Mel, che adottò il modello per riproporlo, con minime varianti, in gran parte della propria produzione successiva. Esempio lampante è rappresentato dalla pala nella chiesa dell’ Annunciazione di Maria a Mel del 1531.
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IL POLITTICO ORIGINALE
La pala (olio su tavola, cm 172 x 79) è in realtà il pannello centrale di un polittico, smembrato e disperso durante la prima guerra mondiale. Era costituita da sei scomparti, raffiguranti, oltre alla Madonna, San Sebastiano e San Rocco a figura intera, San Nicolò e Sant’Antonio a mezzo busto, e il Cristo in pietà sorretto da un Angelo.
Da un documento inedito, da me trovato nell’archivio parrocchiale di Sedico, risalente al 1856, ho appurato che il polittico constava di uno scomparto in più, ossia una piccola cimasa triangolare raffigurante il Padre Eterno. Questo documento è una relazione “in forma di parere” per un eventuale restauro alla pala, fatta da Antonio Federici, pittore bellunese di formazione accademica, passato alla storia per essere stato il primo maestro di Ippolito Caffi.
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AUTORE E DATAZIONE DELL’OPERA
La vicenda critica dell’opera inizia nel 1602 quando viene definita “decens” dal vescovo di Belluno; nel 1642 è dichiarata opera di Paris Bordon, artista molto accreditato nel bellunese. Nella visita del 1661 si legge “de manu Titiani pictoris celebratissimi”. Oggi, escludendo Le due infelici attribuizioni a Francesco da Milano, la critica si divide propendendo chi per l’uno chi per l’altro Vecellio.
Io propendo per Francesco, condividendo si l’opinione di chi ipotizza un intervento di Tiziano nella sapiente progettazione spaziale e nelle felici scelte cromatiche, ma non perché Francesco da solo non sarebbe stato in grado di fare un opera così pregevole, ma perché durante il periodo giovanile tra i due fratelli c’è un’ intensa collaborazione e quindi una reciproca influenza.
Essendo ad oggi sopravvissuto solo lo scomparto centrale, risulta difficile fare una considerazione globale del polittico. Di certo la conservazione integrale del polittico avrebbe consentito argomentazioni più puntuali.
Elia D’Incà
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© Giacomo Deola